Scroll Top

Un bimbo mi aspetta

Un bimbo mi aspetta

Un bimbo mi aspetta.

Il mio nome è Franca e sono pronta a condividere una parte importante della mia vita.

La mia infanzia l’ho vissuta in un contesto familiare difficile con molti conflitti sfociati in un divorzio dei miei genitori a metà degli anni 70, dove era considerato uno scandalo. Da allora la mia vita era  occuparmi di mia mamma, sorella,  amici e degli animali spinta dalla gioia che ricevevo nel vedere felici le persone intorno a me.

Probabilmente un psicologo leggerebbe in queste righe che la mia è stata una strategia per sopravvivere ad una situazione frustrante. Se non fosse che l’ispirazione al mio desiderio di prendermi cura era la mia relazione con Dio che mi era stato presentato da mia mamma (donna cattolica). Dio era diventato il mio migliore amico. Colui che era sempre con me presente in ogni situazione con la certezza che solo i bambini hanno quando raccontano qualcosa che non vedono ma che sanno che c’è.

Durante l’estate dei miei 13 anni il vento accarezzava i campi di grano nei quali sorridevano papaveri e fiordalisi, ricordo un pomeriggio davvero speciale: lo zio Pierfranco (fratello di mia mamma) veniva a farci visita con una coppia di amici e il loro figlio.

Per me era una festa.

Ricordo l’incontro con quel bambino con un modo di camminare non troppo sicuro. Le sue manine cicciotte un sorriso segnato da un po’ di saliva che gocciolava dalle labbra e due occhioni meravigliosi. Ad un certo punto ci siamo seduti in un prato e abbiamo giocato nel silenzio dell’assenza delle sue parole raccogliendo fiori rotolando nell’erba. Quella fu una giornata indimenticabile.

Prima di andare a dormire la mamma mi aveva spiegato che quel bimbo aveva la sindrome di down e questo era il motivo per il quale non parlava, ma quel che mi è rimasto in mente di quella giornata è che avrei voluto un figlio come come lui e che l’avrei avuto.

Tralascio il periodo dell’adolescenza e il successivo  e riparto dai mie 39 anni, aggiungendo che quell’incontro ha segnato la mia scelta professionale e lavorativa.

Mi sono diplomata e laureata come neuropsicomotricista e ho lavorato 23 anni in un servizio di neuropschiatria infantile con pazienti dai 0 mesi ai 18 anni.

All’età di 39 anni, con due figli adolescenti un secondo matrimonio e la mia “gestazione nel cuore “ ( i miei figli erano a conoscenza di questo desiderio ma penso sperassero che sarebbe stato stato impossibile) ecco che un giorno arrivo al lavoro e mi viene affidato un nuovo caso da prendere in carico per una valutazione psicomotoria.

Era un vivace bambino di un anno e mezzo con un bel caschetto biondo: molto curioso e intraprendente.

Lo stesso Dio che mi aveva sempre parlato lo fece anche in quel momento. Ricordo una gioia dentro di me immensa.

Sarei stata la sua mamma.

Al mio rientro a casa, raccontai l’esperienza appena vissuta ma non fu accolta con l’entusiasmo che mi aspettavo.

Comunque nel corso degli anni avevo imparato che le promesse di Dio vengono mantenute e dopo qualche mese venne a vivere con noi.

Era il 25 giugno del 2003. Il bambino era vestito di verde e come mi vide si buttò in braccio e disse: – Mamma!!!

L’assistente sociale che lo aveva accompagnato mi disse: – Franca l’hai desiderato cosi tanto che lui sa che sei la sua mamma.

Dal mio viso scorrevano lacrime di gioia e gratitudine e tutto si svolge in un modo perfetto. Ora Andrea faceva parte della famiglia. Andrea, lo stesso nome del bambino conosciuto anni prima.

Sono trascorsi 18 anni da quel giorno e molti dei quali difficilissimi. La mia famiglia non ha accettato questa decisione e solo poco tempo fa mia mamma, un giorno guardandolo negli occhi gli ha detto: – ti voglio bene.

Le sono profondamente grata di averlo fatto. Mia sorella invece non vuole che si dica che è suo nipote ed il motivo per il quale vi condivido questo senza giudizio è frutto di una maturata riflessione. Nessuno è obbligato ad accettare le nostre decisioni.

Questa situazione mi ha permesso di  confrontrarmi con ciò che ho sempre pensato e creduto: le cose belle lo sono per tutti.  L’amare è naturale così come l’accogliere in una famiglia un bambino con un parto del cuore. Ognuno ha nel cuore i propri spazi meravigliosi anche se diversi.

Io amo ugualmente i miei due figli biologici che Andrea. So che amo nel perfetto equilibrio di un sentimento naturale e unico ed è lo stesso che Dio prova per noi a prescindere dalle circostanze della vita.

L’amore ama. La fiducia è un frutto dell’amore e si costruisce nella relazione con l’altro e con noi stessi.

Non ho avuto difficoltà per l’adozione. Tutto si è svolto velocemente e in armonia. Ho incontrato persone accoglienti anche in tribunale che per vari motivi è il posto meno adatto a costruire relazioni e invece tutto si è svolto puntualmente, compresi i ritardi e le situazioni che potevano sembrare fuori luogo.

So che avrò altre occasioni per condividere quello che ho vissuto in questi anni con un bambino che nel tempo ha manifestato patologie psichiatriche e una malattia molto grave della quale darò una testimonianza vittoriosa presto.

Desidero incoraggiare chi nel cuore ha uno spazio per l’adozione o l’affidamento dando la mia disponibilità come mamma, professionista e donna di Dio per chi ha domande da fare o desidera iniziare a conoscere questo percorso.

Quello che mi è rimasto dei miei 13 anni sono le lacrime di commozione quando parlo o scrivo di Andrea. Quando lo guardo, lo ascolto, lui riesce sempre a sorprendermi con il suo cuore leggero e la sua gentilezza.

Ora sono nonna di tre splendidi bambini che amano lo zio con una naturalezza speciale e sono grata a Dio per la sua fedeltà e so che Dio continuerà a sorprendermi. Attendo con trepidazione ogni nuovo giorno.

La gioia è come il volo (Emily Dickinson)

Post Correlati

Lascia un commento