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Se il mondo ti crolla addosso

QUANDO IL MONDO TI CROLLA ADDOSSO

Mi chiamo Fiorella e ho 52 anni.

Sono cresciuta in una famiglia parecchio disastrata.

Sono la terza di quattro figli. I miei genitori si trasferirono a Milano che avevano già 2 figli e l’arrivo di me e di mio fratello fu per loro ancora più pesante.

Sono cresciuta vedendo mia madre sempre arrabbiata, sempre triste e preoccupata.  Si lamentava spesso per il fatto di avere avuto altri figli dopo i primi due.

Da piccola non capivo il perché e questo mi ha portata a pensare che non mi volesse bene, ma in realtà la situazione era veramente pesante e l’ammiro per la forza avuta. Lo capii solo una volta diventata grande. Lei si ammazzava di lavoro tutto il giorno per provvedere a tutte le nostre necessità e purtroppo anche quelle di mio padre.

Mio padre era un alcolizzato, sempre ubriaco dalla mattina alla sera e per questo motivo non era in grado di tenersi un lavoro. Chiedeva spesso soldi a mia madre e se lei si rifiutava di darglieli allora finivano per litigare e succedeva spesso, a quel punto lui prendeva qualsiasi cosa trovasse in casa e la vendeva per poter racimolare i soldi per il vino, rubava anche i piccoli regali che i nostri parenti ci facevano per le feste. Era sempre così ubriaco, che spesso venivano gli estranei ad accompagnarlo a casa, a volte anche mal concio perché cadeva ovunque.

Questo suo vizio è stata anche la sua fine.

Morì all’età di 39 anni, quel giorno era così ubriaco che venne  investito da un’auto e abbandonato lì morente, le dinamiche non si vennero mai a sapere. Io all’epoca avevo solo 9 anni, per me fu una grande perdita.

Amavo mio padre anche se aveva quel problema, (analizando da adulta, anche lui aveva un peso che non riusciva a superare) non lo guardavo con gli occhi di una donna adulta, in fin dei conti ero ancora una bambina. Vedevo lui che, pur essendo ubriaco mi dava le sue attenzioni,  mi coccolava, giocava con me e mi faceva sentire la sua cocca, al contrario vedevo mia madre che si lamentava in continuazione, che si arrabbiava sempre, che ci sgridava  e che si lamentava per aver avuto altri figli dopo i primi due. Per me quello era un rifiuto, non guardavo al problema ma agli atteggiamenti di entrambi.

Dopo la morte di mio padre il rapporto tra me e mia madre si fece sempre più freddo, al punto che finita la terza media andai a vivere da mia nonna per quattro anni in Basilicata. E’ stato difficile crescere senza padre. Sentivo molto la sua mancanza e spesso mi chiudevo nella mia stanza con la sua foto a piangere, sopratutto quando vedevo gli altri bambini insieme ai loro padri, o durante la festa del papa’.

Non ho mai raccontato questo a mia madre perché lei diceva sempre che la morte di mio padre era stata una liberazione, per me invece era una sofferenza.

Da piccola era una bambina molto timida e introversa, difficilmente mi aprivo agli altri, avevo poche amicizie e non davo fiducia a nessuno, non riuscivo ad essere al centro dell’attenzione della gente. Cercavo di evitarlo il più possibile e questo ha influito anche sull’andamento scolastico.

Questo modo di essere me lo sono portato dietro per molti anni, fino a quando conobbi mio marito. Con lui iniziai ad aprirmi, a dare fiducia alle persone. All’epoca avevo 18 anni ero ingenua e non capivo molto della vita, proprio per il mio carattere.

Il mio unico pensiero era quello di dare meno problemi a mia madre.

Lo conobbi a casa di mia madre, era un amico di mio fratello.

Rimasi affascinata da lui  per il suo modo di fare, allegro  e di compagnia. Mi faceva ridere e mi sentivo amata. Era tutto fantastico, sentivo che finalmente c’era qualcuno che riempiva le mie mancanze. Bramavo così tanto il desiderio di essere amata che mi ci sono buttata, dando tutte le mie attenzioni a questa relazione.

Io ero la donna perfetta per lui.

Dopo alcuni mesi le cose cambiarono, lui si chiuse in se stesso ed io non riuscivo a capirne il motivo. Ma tra alti e bassi siamo andati avanti 4 anni.  In questi anni non abbiamo mai avuto rapporti intimi, ho sempre pensato che fosse normale, perché in realtà non avevo nessuna esperienza, e non avevo nessuna amicizia con cui confrontarmi. Io volevo arrivare al matrimonio pura e ho sempre pensato che lui rispettasse il mio desiderio.

Ho capito in seguito l’importanza del confronto tra coetanei, vivevo in un mondo tutto mio e questo non fa bene alla crescita.

Con il passare degli anni intuì che c’era qualcosa che non andava nella nostra relazione, ma non riuscivo a capirne il perché. Troppi momenti spenti, troppi silenzi, pochi dialoghi e pochissime occasioni da condividere insieme.

Ho pensato di non essere la ragazza giusta per lui. Ma invece ero la ragazza perfetta secondo lui.

Le emozioni, le attenzioni si stavano spegnendo ed ero sempre più demoralizzata, ma quando iniziai a considerare la rottura (anche se a malincuore) poco prima di affrontare questo discorso, cambiò atteggiamento, tornò ad essere quel ragazzo che avevo conosciuto quattro anni prima.

Subito dopo mi chiese di sposarlo, ed io accettai.

Per i primi due anni, tutto andò abbastanza bene, non avevamo molto spesso rapporti intimi, ma anche qui ho sempre pensato fosse normale.

In seguito ad una cerimonia evangelica, ci convertimmo a Dio, iniziammo a frequentare la chiesa.

Tutto andò bene fino a quando dopo due anni di matrimonio decidemmo di avere un figlio (o forse l’ho desiderato più io), entrambi avevamo un buon lavoro e quindi c’era la condizione giusta per  far crescere la famiglia.

Per tutto il tempo della gravidanza  ho vissuto il periodo più bello della mia vita, ero felice avevo tutto, un buon lavoro, un buon marito, amici nuovi e stava crescendo una vita dentro me. Non potevo chiedere di più a Dio e il mio desiderio era servire Lui con tutta la mia famiglia.

Ma non immaginavo che da li a poco avrei perso tutto.

Il 28 Febbraio nasce mio figlio. Qui perdo tutto quello che avevo costruito..

Il giorno dopo la nascita, mio marito va in depressione, non riuscivo a spiegarmelo, il giorno più bello era arrivato e lui non era felice.

Pensavo di aver  sbagliato qualcosa, ho pensato di aver detto qualcosa di sbagliato, ho sempre dato la colpa a me. Ma ancora non sapevo cosa sarebbe avvenuto in seguito. Tornata a casa lui fù molto distaccato con il bambino, gli si avvicinò ben poco. Le cose stavano andando sempre peggio, e non riuscivo a gioire della cosa da me tanto desiderata.

Nel frattempo l’azienda per cui lavoravo, chiuse e persi il lavoro. Iniziai ad andare in depressione anche io, piangevo spesso.

Lui iniziò ad uscire spesso di sera e tornava tardi. Si fece seguire anche da una psicologa, ma le cose iniziavano anche a peggiorare. Poco dopo scoprì che iniziò anche a fare uso di droghe e in banca non c’erano più soldi.

Poco dopo perse anche il lavoro. Ancora oggi non so come abbiamo fatto ad andare avanti, senza soldi, senza lavoro con le spese da pagare e un figlio da crescere.

Dopo qualche mese, analizzando il tutto e guardando le persone che aveva iniziato a frequentare capii cosa stava succedendo,  un po’ lui fece di tutto per farmelo capire, per me è stata una grossa batosta.

Non riuscivo ad accettare la situazione, non riuscivo a capire perché stesse succedendo questo a me.

Misi insieme tutti i pezzi, e lo affrontai dicendogli quello che pensavo, lui mi confermò tutto. In quel momento volevo morire. Mi confermò di essere omosessuale.

Il problema della sua depressione era proprio questo, scatenata con la nascita del figlio. Non accettava di avere un figlio e di essere omosessuale.

A quel punto non sapevo più cosa fare, avevo perso tutto, lavoro soldi marito, fede e iniziai a stare davvero male. Mi arrabiai con Dio, piansi cosi tanto fino a mancarmi il respiro, ma non ricevevo risposta. Di conseguenza entrambi ci eravamo allontanati dalla chiesa.

Quando non sei radicata nella fede la scelta immediata è quella di allontanarsi da Dio.

Mi sentivo di nuovo come all’età di nove anni quando persi mio padre, vuota persa, arrabbiata e tradita.  Volevo solo smettere di soffrire, ma non volevo lasciare solo il mio bambino. Ho pensato di farla finita portandomi dietro lui. Ma non avevo capito all’ora che Dio era ancora con me, perché è stato attraverso mio figlio che sono andata avanti.

Avevo lui e meritava tutto l’amore possibile. Non volevo fare come mia madre, doveva vedere in me il sorriso, l’amore e tutte le attenzioni.

Presi una grossa decisione, di comune accordo con mio marito avremmo cresciuto il bambino come una famiglia, e ognuno di noi viveva la propria vita senza dirgli nulla, finché non diventasse grande.

Ho iniziato a vivere due vite parallele. In casa la mamma premurosa e attenta ai bisogni del bambino. Fuori una vita di esperienze sbagliate, odio verso gli uomini, volevo vendicarmi del genere maschile. Mi allontanai completamente da Dio e questo fu l’errore più grande. Il mio modo di essere, il mio carattere non permise a nessuno di aiutarmi, chiusi le porte a tutti.

Iniziai a frequentare uomini, volevo fare nuove esperienze promettendo a me stessa che non mi sarei fatta più fregare da nessuno. Stavo con loro nelle ore che decidevo io, che non intralciassero con il tempo dedicato a mio figlio. Lui era la priorità, e se lui aveva bisogno di me rimandavo il resto.

Ma appena incominciavo a provare dei sentimenti verso questi uomini, o se mi accorgevo che si stavano legando a me, allora scappavo o li trattavo male.

Quando ci ripenso, sto ancora male per il torto fatto.

Guardandomi indietro, mi dico che forse avrei potuto capire prima qualcosa, a volte mi sentivo in colpa per non aver capito, ma il problema principale è stato quello di non avere avuto nessun confronto. Non avevo amici, non avevo fratelli cristiani.

La mia chiusura mi ha fatto vivere in un limbo, dove nessuno poteva entrare.

In questi casi ti chiedi “cosa faccio, come lo riconquisto”. Ti chiedi se a sbagliare sei tu. Per anni ho nascosto questo problema, perché mi vergognavo, come se il problema fosse mio.

Stiamo parlando di 30anni fa, dove tutto era più nascosto, forse in questi tempi avrebbe avuto un altro risvolto. Ora sono tornata a Dio e sono felice di questa scelta.

Ci sono delle caratteristiche che fanno capire e conoscerle può aiutare molto.

Potrebbe servire in futuro a proteggerci in una nuova relazione.

Alcuni fattori ci possono aiutare.

  • Le donne con una bassa autostima sono perfette per un marito gay nascosto, tendono a restare insieme a loro a lungo e si ritengono in qualche modo responsabili, le cose tra noi non andavano bene durante il fidanzamento, ma all’improvviso mi chiese di sposarlo, questo non era normale.
  • La poca esperienza sessuale. Difficilmente si capisce se c’è qualcosa che non quadra, ed è qui che entra in gioco il confronto con amici.
  • Tolleranza e accettazione. Accettare tutto ciò che accade, non darsi troppe spiegazioni, non porta da nessuna parte ma solo sofferenza.
  • Poca informazione.

Un elemento comune a tante donne sposate con uomini gay è, provenire da una famiglia problematica. Questo moltiplica in modo esponenziale il desiderio di creare una nuova famiglia, di avere un’altra chance, e se per avere questo bisogna chiudere un occhio o tutti e due per ottenerla, lo si fa.

Concludo però che, ho voluto bene a mio marito, ed ancora gliene voglio. Ho perdonato il fatto che non me lo abbia detto prima, ma sono felice e ringrazio Dio per il frutto che mi ha dato, mio figlio.

Le sono stata vicino perché ho compreso il dolore che ha provato durante la sua infanzia, anche lui ha avuto una famiglia problematica, forse anche peggio della mia, e non è stata facile, ma continuo a pregare per lui e per il suo cuore.

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