L’eredità dei miei genitori
Sono nata in una famiglia veneta tradizionale.
I miei genitori vivevano nello stesso paese. Mentre mia madre aveva origini molto modeste, mio padre era impiegato nell’attività familiare e la sua condizione economica era abbastanza florida.
Appena iniziata la II guerra mondiale, mio padre dovette partire per il fronte di guerra e, sebbene fosse un giovane forte pronto a sfidare la vita, la guerra distrusse tutti i suoi sogni e la sua economia. Ma, nonostante tutto ciò che stava vivendo in guerra, essendo innamorato di mia madre, decise di chiedere una licenza militare e sposarsi.
Era il 1942. Tuttavia, non avrebbe mai immaginato, che non avrebbe più visto sua moglie per tre anni, e che sarebbe stato catturato dai nazisti dopo l’8 settembre 1943 ed inviato nei campi di concentramento a fianco degli ebrei a Buchenwald .
Nel frattempo mia madre lavorava come domestica presso la casa dal rabbino di Padova, Eugenio Sacerdoti.
Rimase al servizio della famiglia Sacerdoti fino a quando le leggi razziali lo permisero, infatti, con il passare dei mesi le condizioni degli ebrei peggiorarono, tanto che il rabbino fu catturato ed inviato ad Auschwitz con la moglie, dove morirono.
Terminata la guerra, i miei si rincontrarono e finalmente iniziarono la loro vita matrimoniale, anche se le difficoltà economiche erano molte. Hanno avuto cinque figli, io sono la quartogenita.
In una famiglia così numerosa, era difficile coltivare il sogno di studiare: era necessario lavorare per aiutare la famiglia, perciò, dopo un periodo di scuola media superiore presso un istituto religioso, ho dovuto obbligatoriamente lasciare la scuola e iniziare a lavorare.
Ma il mio cuore era sempre triste ad ogni inizio di anno scolastico.
Quando sentivo i passi frettolosi degli studenti, dalle finestre dell’ufficio del notaio dal quale avevo cominciato il mio primo impiego, le lacrime colavano sul mio viso e il mio cuore diveniva pesante.
Questo è accaduto per oltre tre anni.
Diventai molto ribelle verso la mia famiglia, ero stanca dei continui NO e DIVIETI che ricevevo ad ogni mia richiesta e dell’aggressività dei miei fratelli, i quali, molte volte, essendo maggiori di me, si intromettevano dicendomi sin da quando ero bambina, ciò che dovevo fare e ciò che non dovevo fare, in particolare PROIBENDOMI di studiare (a volte anche con violenze fisiche).
Nonostante tutto, amavo i miei genitori moltissimo.
Sono ancora impressi nelle mie orecchie i racconti di mio padre e della sua drammatica esperienza di vita in guerra e nei campi di concentramento accanto agli ebrei, e degli episodi in cui ha salvato la vita a molti bambini ebrei, strappandoli dalle mani dei nazisti.
In un’occasione riuscì addirittura a salvare un treno interamente pieno di ebrei nella stazione ferroviaria di Pristina (l’attuale Kosovo).
Quindi, sin da bambina pranzavo e cenavo con i racconti della Shoah e per me era normale sentire parlare di campi di concentramento, mitragliatrici, bombe, camere a gas, SS, baionette…
Verso i vent’anni decisi di lasciare la mia casa e provare a vivere da sola, anche se mi mancavano i miei genitori resistetti nella mia scelta fino al matrimonio.
Lasciata la mia famiglia, mi avvicinai alla New age e alle religioni orientali allontanandomi sempre di più dal cattolicesimo, ma non mi dimenticai delle parole del vangelo che mia madre e mio padre usavano per educarci.
Ero molto attirata dal grande senso di giustizia che essi avevano, in particolare vedevo in mio padre un uomo audace, disposto a non accettare compromessi, capace di farsi uccidere, pur di non rinnegare i principi di giustizia.
Ed è stata proprio questa grande spinta per la giustizia che ha portato mio padre a sfidare i nazisti a lasciare andare i bambini, che catturavano alle madri e che per divertirsi li uccidevano come un giocattolo, a volte sbattendoli al muro e con estrema malvagità gridavano “Meno 1”, lasciando il corpicino privo di vita sul pavimento.
Tale obbrobrio dava a mio padre una forza da leone, per fermare i nazisti nel loro crudele divertimento, tanto che non aveva timore ad alzare la pistola contro il soldato nazista intimandogli: “Lascia quel bambino, te lo ordino!”.
Molte volte la loro risposta era un ghigno, ma mio padre non si impauriva, e per fermare l’infanticida nazista premeva il grilletto ferendogli il piede o la gamba, ma salvando molte vite di bambini.
Questa spinta alla giustizia e per gli ebrei si è impregnata nel mio cuore, ma è stata messa in letargo nel mio animo, fintantoché non è arrivato l’incontro con Gesù.
Sono stata evangelizzata da un ebreo messianico, il quale immediatamente mi invitò a pregare per la mia salvezza e per Israele.
Dopo aver pregato, mi sentii come se l’eredità e l’amore verso gli ebrei, raccontata dai miei genitori, in special modo da mio padre, si risvegliasse ruggendo dentro di me. Era per me inimmaginabile provare qualcosa di simile.
Da allora mi sono immersa nello studio, per imparare nelle varie università la storia degli ebrei laureandomi e specializzandomi con più Master e scuole di perfezionamento post-lauream sull’ebraismo, sulla Shoah e sulla Didattica.
Questa è per me una missione che amo immensamente: trascorro la mia vita a studiare e a fare ricerche negli archivi storici per fare conoscere la verità contro le menzogne antisemite!
Nel 2008 ho incontrato a Gerusalemme delle persone che mi hanno parlato di Cristiani per Israele e nel 2011 abbiamo fondato Cristiani per Israele Italia.
Con Gesù ho potuto perseguire i sogni dello studio, sogni che sin da bambina avevo nel mio cuore, ma che le difficoltà della vita mi avevano impedito di realizzare.
Con il Signore ogni cosa è possibile.