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L’amore non prevede abusi

Cosi ebbi inizio la mia storia.

Io nacqui, bella e felice, da genitori ancora oggi adorabili. Ho una sorella e un fratello più grandi e ho sempre pensato di saperne più di loro.

Aspiravo alla mia libertà, giustamente essendo nata in Germania dove la libertà era una delle cose che ti insegnavano già da piccolo a scuola, fra amici tedeschi per i quali tutto era lecito.

Libera di decidere ero pronta ad assecondare ogni mio desiderio ma i miei genitori sono siciliani e tutto era proibito e limitato. Già da piccola la mia ribellione si fece sentire.

Tutto quello che mi veniva proibito lo ritenevo ingiusto quindi decidevo comunque di farlo mio al costo di pagare in seguito le conseguenze.

Mi prendevo tutto ciò che volevo.

Anche nei rapporti con i primi fidanzatini m’innamoravo facilmente ma ancora più facilmente mi stancavo e annoiavo di loro.

Finché un giorno mia madre decise di andare da una cartomante a chiedere il perché io non mi innamorassi e la donna la tranquillizzò dicendo che ben presto un uomo avrebbe rapito il mio cuore.

E così fu, conobbi un ragazzo bellissimo e stupendo.

Italiano doc, proveniva da una famiglia dell’alta società che non solo gestiva ben due negozi di abbigliamento ma possedeva anche uno studio in cui si praticavano cartomanzia, fatture, magia nera e bianca. Insomma tutto ciò che ti serviva loro apparentemente te lo davano.

Così senza accorgermene entrai a far parte di questa famiglia.

Ricordo bene quando mio padre davanti all’altare disse a questo ragazzo di lasciarmi andare via ma lui rispose che ero sua.

Da lì iniziò la mia storia d’amore.

Subito mi sono trovata a fare i conti con un ex tossicodipendente.

Ma questo era il minimo dei problemi al confronto di quello del gioco d’azzardo.

Se lui arrivava prima di me a prendere i soldi in banca significava che non si mangiava e non si pagava l’affitto.

A diciotto anni ho dovuto imparare a gestire i suoi movimenti perché guai se gli chiedevo cosa facesse con i soldi.

Si può solo immaginare.

I calci e i pugni erano diventati un’abitudine per il mio corpo.

Non avevo più una vita senza quelle macchie.

Non importava più dove colpiva, se era in faccia o sul corpo; per lui era un modo per liberarsi dei suoi fallimenti. Poi le solite lacrime di pentimento e i sensi di colpa provati nei miei riguardi, alla fine mi faceva anche pena.

E così trascorsero ben otto anni durante i quali innumerevoli volte mi allontanai da lui portando con  me la nostra figlia.

Il legame tuttavia era così forte e morbosamente malato che bastava una sua chiamata per convincermi a tornare a casa.

Ma un giorno decisi di lasciarlo definitivamente. Conobbi un ragazzo che subito mi fece conoscere l’amore, quello vero. Beh, per lo meno non mi massacrava di botte.

Così ebbi la forza di iniziare le pratiche per la separazione e presi casa con il pensiero di vivere insieme a questo nuovo uomo.

Ma ancora una volta bastò solo una chiamata al telefono per farmi fare le valige e tornare da mio marito, che si avvaleva anche dell’aiuto di sua madre molto brava a lavorarmi attraverso la magia.

Questa volta il ritorno fu un calvario, dopo il suo solito pianto di rimorso.

Continuavano ad arrivarmi addosso i suoi insulti che dicevano che non ero più “pulita” per poter toccare mia figlia, ora che ero stata con un altro uomo. I colpi che subivo semplicemente perché avevo deciso di riprovarci con qualcun altro erano insopportabili: avevo ucciso il suo ego maschile.

Trascorrevo le notti sentendomi sempre come una cosa usata che si era data a un altro uomo.

Tutte le volte che volevo prendermi cura di mia figlia mi diceva di lavarmi bene perché puzzavo dell’altro uomo.

Così ho iniziato a credere alle sue parole.

Quella voce che mi suggeriva di farla finita diventava più forte e presente.

Dopo pochi mesi decisi di uccidermi.

Ero sola senza la mia famiglia perché dopo essere tornata con mio marito avevo lasciato la Germania per seguire lui in Sicilia e così una sera, dopo le ennesime percosse seguite dalle parolacce mi chiusi in camera e pur non avendo problemi d’alcol decisi di bere un’intera bottiglia di vino e mi fumai una canna che lui stesso aveva lasciato.

Presi la lametta che teneva nel suo cassetto e iniziai a tagliarmi i polsi.

Quello che ricordo è che mi trovai in un lago di sangue con la porta sfondata da lui che, nonostante le circostanze aveva il coraggio di continuare a prendermi a calci e a pugni urlandomi: «Che cos’hai fatto!».

Rimasi chiusa in camera per un mese. Nessuno seppe niente e venivo curata dalla famiglia di mio marito.

Nel frattempo mio fratello e mia sorella si erano convertiti a Gesù Cristo e già pregavano per me.

Un giorno in piena notte presi la bambina con l’aiuto dei miei amici e fuggii.

Presi il primo treno e tornai in Germania.

Lì conobbi il pastore di mio fratello, un padre pieno d’amore e nella mia disperazione conobbi Gesù Cristo.

Dopo qualche mese ricevetti una vera liberazione ma il lavoro più grande è stato quello che ha riguardato la mia anima distrutta, sfruttata e maltrattata.

Sarei una bugiarda se dicessi ch’è stato facile: si è trattato di un processo lungo ma ha funzionato.

Oggi, dopo aver dovuto affrontare tante altre difficili situazioni che non posso elencare altrimenti mi prolungherei troppo, posso dirti che Dio ha fatto meraviglie con me, con ciò che il mondo avrebbe scartato e buttato.

Nessuno avrebbe puntato su di me ma Dio lo ha fatto.

Mi ha affidato delle cose che con le mie sole forze non oserei fare.

Chi oggi mi vede mi definisce una donna piena di autorità e della presenza di Dio che si riesce a sentire anche da lontano, e questo è opera di Dio.

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