Come diventare regina del tuo cuore.
Raccontare la mia storia oggi è la mia vittoria. Mi chiamo Valeria e ho 31 anni, wow quant’acqua passata sotto i ponti come si suol dire in tutta questa vita, che non è molta ma per me è abbastanza per poter dire “che vittoria la mia vita!”.
Nasco a Milano il 23/11/1989 da una famiglia di imprenditori benestanti, i miei genitori e i miei zii avevano tutti attività commerciali attive e mio padre era un ristoratore.
Sono stata una figlia molto desiderata, la terza gravidanza, prima di me i miei avevano perso 2 bambini.
La prima verso i 6 mesi interrotta la seconda al termine, mia madre ha partorito un bimbo morto e la mia infanzia è stata anche caratterizzata dall’accompagnare mia madre al cimitero perché prima di me qualcuno non ce l’aveva fatta.
Quanti ricordi la mia infanzia, ricordi bellissimi, due genitori innamorati: innamorati della vita, del loro lavoro, dei loro sogni e di me, la primogenita arrivata come il sole dopo la tempesta.
Ero amata, amata da tutti, nonni, zii e parenti. Il ristorante per i miei genitori oltre che un lavoro era il loro stile di vita, da perfetti stacanovisti quali i Vettese erano, la loro vita ruotava attorno alla loro attività, e io molto spesso ero sola.
Ricordo già dai 5 anni interi pomeriggi sola o con i nonni e le mie giornate trascorrevano così.
Dentro me sapevo che i miei genitori non cerano per una giustissima causa, il lavoro.
Sapevo che la loro dedizione era nobile, volevano darmi il meglio, non farmi mancare nulla e non permettere che potessimo necessitare di qualcosa.
Intorno ai 6 o 7 anni le cose piano piano iniziarono a cambiare. Gli affari non giravano più e in casa mia io assorbivo tutta la tensione lavorativa che aleggiava in casa nostra.
Vedevo mio padre molto teso e preoccupato e questo preoccupava e appesantiva molto anche me perché anche se molto piccola io potevo percepire che qualcosa non andava.
Investimenti sbagliati, fiducia in persone sbagliate hanno portato stress all’interno della nostra famiglia. Ero diventata una bambina paurosa, timorosa.
Questa paura mi accompagnava dovunque, persino a scuola. La scuola, che brutto posto era per me, un luogo di confronto, di perdita, di fallimento.
Io ritengo di avere sempre avuto una grande sensibilità che associata al disagio di timore che vivevo si era trasformata in qualcosa di dannoso per me: infatti, si dalla quarta elementare è accaduto qualcosa, il branco, gli alunni, la scuola avevano deciso che io non ero “degna” di essere parte del gruppo.
Ho iniziato a vivere l’isolamento. All’inizio tutte le ragazze avevano fatto gruppo e a me mi escludevano, mi prendevano in giro, mi lasciavano da sola apposta e io mi sentivo così fuori posto, così sbagliata, così diversa.
Quando nella nostra scuola si organizzavano i corsi di nuoto mi dicevano “sei grassa” “sei una balena” e quelle parole dette da bambine al tuo livello arrivavano come pugnalate che ti dicono “tu sei diversa”.
Vorrei spendere due parole sui miei nonni paterni Angela e Luigi che mi hanno fatto da secondi genitori. Loro erano due credenti fedelissimi, cattolici e mi hanno impartito molto riguardo la fede.
Credo fortemente di essere il frutto delle loro preghiere.
Nel frattempo nasce Alice, la mia sorellina. Purtroppo nasce prematura e deve affrontare due lunghi mesi in ospedale in incubatrice; i miei genitori oltre alla tensione lavorativa devono affrontare qualcosa di ancora più spaventoso, la salute di un figlio.
Grazie a Dio quel periodo difficile passò, Alice tornò a casa sanissima e piena di forze. Io vengo un po messa da parte e nel mio cuore quel senso di inferiorità che mi accompagnava diventa una voragine.
Andando alle medie mi ritrovo con gli stessi compagni delle elementari; essendo in un piccolo paese di campagna le scuole e i luoghi sono popolate dalle stesse persone e anche li non è cambiato nulla.
Stesse ragazze si trovavano e io non cero io non ero ammessa, io ero in meno. Avevo voti pessimi ed ero ignorata, ed ero sola, non avevo amici, nessuno mi voleva.
Quando cambiavano i posti vedevo la delusione degli altri quando la maestra li metteva accanto a me e io volevo essere ovunque ma non li, non in quella scuola.
Avevo imparato a convivere con una sensazione dolorosa, troppo dolorosa per una ragazzina di 11 anni.
La sensazione di essere fuori posto, insieme alla sensazione di dover rincorrere l’approvazione dei miei compagni, ricordo che cercavo spesso di entrare nei gruppetti: cera sempre con me il desiderio di essere di più, fare di più, di dimostrare la mia vita sembrava un esame dopo l’altro, dimostrare che potevo stare li, dove stavo, una continua corsa che perdevo sempre, non bastava mai, non vincevo mai.
I giorni proseguivano, tra scuola e casa. Finiscono gli anni delle medie e iniziano le superiori. Finalmente cambio. Cambio persone, città amici, frequento le scuole a Lodi, scelgo l’indirizzo tecnico per i servizi sociale e mi immergo nel mondo delle scuole superiori.
Un mondo incredibile, fatto di ragazzi e ragazze che io sentivo così diversi da me. Io mi sentivo così sola, sperduta, paurosa e questo si percepiva, si poteva sentire nell’aria che io ero debole, di più rispetto agli altri.
Inizio a stringere dei rapporti, delle amicizie, finalmente trovo delle amiche ma con il tempo anche loro tendono ad escludermi e rinizia la stessa filastrocca. Io sola, in mezzo al mondo e tutti contro me.
Sono però successi vari episodi in tutto questo. Li sono iniziati anche atti concreti.
Una classe fatta di solo ragazze, ricevevo insulti, sei down, sei grassa, sei sporca, storpia, mi lanciavano palline di carta in testa a lezione, mi avevano lanciato una chewingun nei capelli, buttato tempera nella zaino e io mi sentivo la cosa più brutta che ci si può sentire.
Non volevo andare a scuola, non volevo vivere.
Arrivata in 4 superiore sono stata bocciata. Cambio classe e cambia anche qualcosa in me. Non volevo più essere così, non volevo più essere calpestata, umiliata, rigettata. Non volevo.
Senza neanche capire come mi sono buttata nel tunnel dei disturbi alimentari, sono stata anoressica e bulimica e ricercavo. Una rabbia dentro di me era esplosa.
Ho iniziato a dimagrire ho perso tantissimi kili in poco tempo e in altrettanto poco tempo ero la ragazza che non ero mai stata. Avevo tanti ragazzi intorno, ero cercata, tutti mi volevano, bevevo tanto, avevo iniziato a fumare, ero un’altra persona.
Ma io cercavo l’amore quello vero, quello che poi ti sconvolge la vita e anche qui tutti dopo un po mi scartavano, anche qui la gente mi snobbava e niente ancora aveva senso. Questo senso di rifiuto come lo si poteva eliminare?
Un giorno mio padre si converte e conosce una famiglia cristiana, questa famiglia era veramente speciale, loro mi hanno veramente amato. Avevo appena preso il diploma in Tecnico Sociale e loro avendo 3 figli mi hanno assunta con baby sitter.
Praticamente un estate andai in vacanza con loro, e li qualcosa successe nel mio cuore. Mi converto e mi innamoro di un Dio che fino a quel momento era sconosciuto.
La conversione e la conoscenza di Dio è la cosa più bella, importante, meravigliosa che possano essere mai successe a noi, alla nostra famiglia, ci siamo convertiti tutti e 4 piano piano e la nostra vita si è trasformata.
Ho scoperto allora che la mia era fame d’amore.
In chiesa ho imparato le relazioni. Ero sempre stata una ragazza sola, non abituata al confronto, cresciuta da sola e qui in questa chiesa avevo tantissimi amici, persone che mi volevano bene, mi amavano, mi cercavano e qui e subentrata poi una problematica.
Io non riuscivo a gestire in modo sano tutto questo. Mi ritrovai dal nulla a troppo, così in poco tempo. Soprattutto i ragazzi, io non avevo mai avuto un fidanzato questo fu la mia grande sfida, gestire i miei innamoramenti continui. Bastava un nulla, un’attenzione e io avevo l’innamoramento facile.
Non ero abituata alla gentilezza, al rispetto, per me era tutto nuovo e meraviglioso e io carente e bisognosa mi aggrappavo. Le relazioni per me erano diventate aria, vita. E cosi inizio a essere molto possessiva con le mie amicizie, con i miei leader, con le persone che amavo. Ero un controllore, una persona malpensante, pensate.
Tutta la pressione era molto difficile da gestire, non mi sentivo ancora bene con me stessa. Ancora non mi sentivo abbastanza, ancora non mi sentivo degna.
Nel mio cuore cera la forte e paralizzante paura di ritrovarmi di nuovo sola, abbandonata e scartata. Facevo di tutto per stare con le persone, quel senso di isolamento non lo volevo più sentire.
Mi sono aggrappata a relazioni sbagliate. Mi aggrappavo, ero una sanguisuga.
Ero dipendente dalle mie amicizie, ero completamente annientata dal senso di inadeguatezza e quindi mi trasformavo in base alle persone, ero molto gelosa, ossessionata quasi.
Mi sono innamorata più volte a senso unico e nella mia testa era tutto un film. Era come se innamorami di qualcuno fosse vita per me.
Come è finito tutto questo? Con Dio!
Ho affrontato i miei giganti, guardato in faccia le mie ferite, ottenuto la vittoria e oggi sono libera.