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Avevo bisogno di una mano

Avevo bisogno di una mano

Per anni non ho voluto avere figli: ”non voglio mettere al mondo altri infelici” dicevo a chi mi chiedesse perché.

Era già stato un traguardo sposarmi: ero una di quelle ragazze che non voleva sposarsi né avere figli e morire entro i 50 anni.

Da piccola però non la pensavo così: mi piacevano le principesse, credevo nell’amore, nel futuro invecchiato insieme e in quella frase così ricca di speranza che alla fine di ogni storia continuava a farmi immaginare e sognare quello che sarebbe accaduto poi come un crescendo di momenti meravigliosi: ”E vissero per sempre felici e contenti”.

Non ricordo esattamente il momento in cui sono passata dal “e vissero per sempre felici e contenti” al “speriamo di morire entro i 50 anni”.

Qualcosa si è rotto nel mio incontro con il mondo che non immaginavo, quello dove accadono le cose che non raccontano nelle storie delle principesse.

Mi sentivo come se avessi visto dietro le quinte di uno spettacolo in cui a un certo punto le cose iniziano a non funzionare secondo programma e mano a mano crollano impalcature, scenografie e i protagonisti si trasformano in persone diverse e peggiori dal copione iniziale. Ero delusa.

Da piccola dicevo spesso a mia mamma: ”Mamma, ti prego dimmi che la vita non è tutta qua!”. Ricordo lo sguardo confuso e preoccupato di una madre incapace di riempire quel vuoto nella sua bimba così piccola e il suo pensiero: “tu non dovresti avere questo tipo di pensieri amore”, che mi faceva sentire strana.

Tutto quello che vedevo e vivevo mi parlava di quanto la vita non potesse ridursi a un semplice gioco sadico di sopravvivenza a cose dolorose, doveva esserci di più!

Con il tempo non trovando questo “di più”, mi rassegnai al fatto che invece sì, la vita era una gabbia di sofferenza senza nessuno scopo! Ricordo che quando stavo male perché qualcosa di brutto mi aveva ferita, mi impuntavo davanti allo specchio fissandomi negli occhi cercando di non piangere: ”io sono forte e non piango mai, io sono forte e non piango mai, io sono forte e non piango mai!” Mi ripetevo fino a quando le lacrime smettevano di spingere contro le mie palpebre e mi pareva di aver almeno vinto la sfida con quella vita sadica che voleva vedermi debole e in lacrime per ridersela di me.

L’unica cosa che mi piaceva davvero era stare con mio fratello, sapevo che lui c’era e con lui non c’erano finzioni. Amavo tornare a casa da scuola e passare il pomeriggio insieme, anche più avanti negli anni quando le cose erano peggiorate intorno a noi, quel tempo rimaneva prezioso per me.

Ripensandoci, credo che il punto di non ritorno sia arrivato quando all’improvviso se ne andò di casa a 17 anni, anche lui per scappare dalla realtà che ormai era diventata insopportabile.
Lì la vita ha perso per me ogni significato e ho deciso che l’oblio sarebbe stata la mia casa: nulla più importava, tutto era perduto. L’averlo perso e in seguito, il suo rifiuto di me mentre cercavo di riavvicinarmi, mi hanno gradualmente trasportata dall’oblio alla lenta ricerca dell’autodistruzione.

Qualcosa però dentro di me non mollava, voleva inspiegabilmente continuare a vivere e non mi ha mai permesso di andare fino in fondo ogni volta che ci ho provato.

Per anni mi sono sentita come qualcosa di danneggiato che non sarebbe mai tornato al suo splendore iniziale, ero troppo scalfita, avevo perso troppi pezzi di me stessa, non sapevo più chi fossi, sapevo solo ciò che non ero più. Non ero più l’originale, ingenua, spensierata, felice, speranzosa, dolce e sognatrice. Bande di predoni a ondate avevano saccheggiato il mio cuore e i miei sogni e la mia vita era diventata una mera ricerca di momenti che sapessero di leggerezza, svago, un pasto soddisfacente che mettesse a tacere la mia anima almeno per qualche ora.

Appena smettevo di nutrirla iniziava un lento e logorante masticarmi da dentro, la mente iniziava a meditare la mia vita e la voragine dentro di me si allargava sempre più.
Ricordo che passavo anche settimane senza uscire di casa, non vedendo nessuno, spegnendo la mente con qualsiasi sostanza e aprendo la porta alla tristezza per farmi di dolore, l’unica cosa che mi facesse sentire ancora viva, in cui mi riconoscessi e che nessuno poteva comprendere.

Erano giorni di silenzi, pianti, incubi, sdraiata a terra a fissare una finestra per ore, vagare per una casa grande e completamente vuota osservando foto, dettagli, ricordi come in un museo chiuso per fallimento.

A poco a poco smisi di ritrovarmi con le persone della mia cerchia sociale e iniziai a cercare quelli ai margini perché almeno loro non fingevano che tutto andasse bene.
È stata una vera e propria ricerca del fondo e oggi ringrazio Dio di non avermi mai permesso di trovarlo nonostante i miei sforzi e di aver risposto a quella domanda alla quale nessuno sapeva rispondere: ”davvero la vita è tutta qui?”.

Un giorno disperato, ho gridato così forte contro il cielo, con tutto l’odio che avevo in corpo, con tutta la voce che avevo in gola e se avessi potuto avrei tirato giù per il collo Dio per gridargli in faccia: ”abbi il coraggio di rispondermi, ti odio sadico e credule!”
Il cuore mi scoppiava nel petto e le mani mi facevano male per i pugni tirati al cruscotto, “basta” era tutto ciò che desideravo.

Non era passata nemmeno una settimana da quel momento che rientrando a casa, trovai mia madre in compagnia di una donna che voleva conoscermi, si chiama Roselen ed era il pastore di una chiesa,”proprio una come te cercavo” pensai sarcasticamente dentro. Non sapevo che lei era la lettera di risposta da parte Dio a quelle grida e che mi avrebbe accompagnata passo passo, giorno dopo giorno a incontrarlo.

Quando finalmente lo conobbi, capii che non era un sadico, nè un menefreghista, e tanto meno crudele, no!! Era Lui, proprio Lui quel “di più” che sentivo forte nel mio cuore che doveva esserci, per forza!!

Non posso dire che tutto cambiò in quell’istante magicamente come nelle storie di quelle principesse, ma tutto cambiò un giorno alla volta, un passo alla volta, verso l’originale, la purezza e la speranza che per anni avevo creduto fossero state perdute per sempre. E a queste si aggiunsero tante altre cose nuove che nemmeno sapevo essere in me e in Lui.
Il mio “di più” mi era finalmente venuto a prendere; Lui mi ha trovata, raccolta, curata, guarita, consolata, ricostruita.

Mi ha ridato una dignità e una vita ricca, mi ha ridato una famiglia e un futuro, oltre i 50 anni.

Oggi mio marito ed io abbiamo una bambina meravigliosa, si chiama Allegra! Ogni tanto quando penso all’avvenire la paura bussa di nuovo alla porta del mio cuore, ma oggi ho una speranza e una certezza, Gesù! E so che io e la mia casa vivremo per sempre felici e contenti insieme a Lui.

 

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