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Ferite Invisibili

FERITE INVISIBILI

Mi chiamo Samuela, sono nata e cresciuta in Liguria, da una famiglia particolare, per niente ordinaria, piene di ferite invisibili.

Sono la terza di quattro figli (un maschio e tre femmine) ed il maggiore, Luca, è quello che ha influenzato maggiormente la mia adolescenza. Da bambini io e lui ci odiavamo, non siamo cresciuti in un clima d’amore, tutt’altro litigavamo spesso.

Ricordo in particolare un evento che segnò la mia vita. Avevo 10 e lui 15 anni, litigammo pesantemente e lui per reazione prese un coltello e me lo puntò alla gola. Non so cosa gli accadde in quel momento, so solo che mi odiava profondamente.

Mio padre si è sempre definito un pacifista. Non ci ha mai corretti con la “verga”, non sopportava la violenza di nessun tipo, così non ha mai usato la sua autorità con noi e di conseguenza eravamo tutti ribelli.

Le regole in casa nostra non esistevano e mia madre, una persona dal carattere debole, faceva quello che poteva per farci crescere.

Una frase che mia madre mi ripeteva spesso da bambina era: “io e tuo padre non ci siamo mai amati” e una frase invece che non ho mai sentito uscire dalla bocca di mio padre era: “ti amo”.

Chiaramente, l’amore era proprio quello che mi mancava e mi mancava non aver mai sentito dirmi da nessuno parole di incoraggiamento come: “dai che ce la puoi fare”.

Così per anni sono cresciuta credendo che nella mia vita ci fossero limiti insormontabili.

Amavo lo sport, riusciva a tirar fuori il meglio di me e mi dava gioia. Dentro di me avevo sempre il desiderio di vincere, mi sentivo sempre in competizione con il mondo intero.

All’età di 11 anni mi accorsi che stava accadendo qualcosa di strano a casa. Mio fratello portava tantissimi amici, spesso passavano solo per un/due minuti e se ne andavano. Col tempo capii che Luca stava facendo uso di droghe.

Subito ho raccontato tutto a mia madre e ci furono pesanti liti in casa. Lui ovviamente se la prese con me e l’odio nei miei confronti cresceva sempre di più.

La situazione di mio fratello non cambiava. Lui continuava indisturbato a fare quello che voleva, come aveva sempre fatto. Non solo faceva uso di droga, ma le vendeva anche. Il suo commercio  cresceva e il via e vai di gente a casa nostra aumentava in modo esponenziale invece di diminuire.

La tensione e le liti aumentavano sempre di più e con queste anche la mia rabbia.

Mia madre e mio papà erano molto religiosi, come la maggior parte degli italiani.

Ogni domenica dovevamo andare in chiesa, ma solo mio padre ci accompagnava. Mia madre non è mai venuta.

Uno dei mie fratelli fin da piccolo faceva il chierichetto in parrocchia, ed io desideravo imitarlo, ma all’epoca le bambine non potevano farlo.

Con il passare del tempo, il nostro prete si è ritrovato senza maschietti per fare i chierichetti, così ha acconsentito di farlo a me.  Com’è strana la vita, la domenica si andava in chiesa, ma non capivo nulla di quello che veniva predicato, non ho mai sentito parlare di principi riguardanti l’amore o il perdono.

Era proprio la sostanza del cristianesimo che mi mancava, vivevo una religione morta, che non parlava ed io servivo in una chiesa astratta che non mi penetrava il cuore.

Cosi quando la vita era sempre la stessa a casa nostra. Liti su liti e dell’amore neanche l’ombra. Man a mano che diventammo grandi, la chiesa diventò sempre più un lontano ricordo da lasciare all’infanzia.

Alle medie cominciai a fumare le mie prime sigarette, che rubavo a volte di nascosto proprio a mia madre. Poi iniziai a comprarmele da sola ed in prima superiore vidi i ragazzi più grandi di me che facevano uso di “altro”.

Sembravano “cool” mentre fumavano quelle droghe ed io mi sentivo molto attratta da quello che vedevo.

Mia madre, in quel periodo, si ammalò di depressione e le cose cambiarono ancora.

Non era più la stessa; ogni giorno si lamentava e delle volte dormiva tutto il giorno.

Spesso arrivavo tardi dalla scuola e non trovavo niente di pronto da mangiare, ma in compenso mi trovavo una valanga di piatti da lavare.

Un giorno al rientro a casa per il pranzo, invece di trovarmi un bel piatto caldo, mi ritrovai mio fratello, con il fidanzato di mia sorella e una bottiglia di 5 litri di vino rosso. Mi sfidarono a bere con loro, il risultato fu che finii all’ospedale quasi in coma etilico.

Mi avevano anche fatto fumare dell’erba, e così nelle analisi del sangue in ospedale, mi  trovarono cannabinoidi e anche tracce di cocaina, ma la cosa strana è che non ricordavo di averne fatto uso. Avevo solo 14 anni.

Mia madre venne a recuperarmi in ospedale, ma la situazione non migliorò, anzi, anch’io cominciai a fare uso di sostanze stupefacenti e diventai anche una grande bevitrice di qualsiasi bevande alcolica.

Il primo anno delle superiori fu molto difficoltoso, a causa delle sostanze che assumevo giornalmente.

Il mio rendimento scolastico iniziò a peggiorare quando conobbi un ragazzo di cui mi innamorai perdutamente, lui era uno degli spacciatori che portava la droga a mio fratello.

Era un periodo che stavo cercando soprattutto qualcuno che mi proteggesse da mio fratello, perché anche se la droga ci aveva in un qualche modo unito, lui  rimaneva una persona violenta e nei sui momenti di follia mi alzava sempre le mani.

Cercavo in tutti i modi di difendermi, lanciando forchette o coltelli da una parte all’altra della cucina, ma ero sempre quella che le prendeva.

Ricordo, per esempio, una volta che venne a casa nostra la fidanzata di Luca. Come sempre eravamo tutti fatti di cocaina e non ricordo la ragione, ma ad un certo punto scoppiò una lite tra me e lei. Subito, mio fratello prese le difese della sua ragazza scagliandosi su di me come una furia.

Mise le sue mani attorno al mio collo e cercò di strozzarmi.  Quel giorno mio padre, che si trovava dall’altra parte della casa, sentendo le urle, intervenne. Mi salvò!

Mi ero trovata ad un passo dalla morte e mio fratello ad un passo dall’essere un omicida.

Questo episodio ed altri non hanno fatto altro che alimentare il mio bisogno di amore e di protezione, portandomi verso il mio primo amore, Andrea.

Questo ragazzo di cui mi innamorai era più grande di me, io avevo 15 anni e lui 20. La sua professione? Lo spacciatore e io diventai la sua fidanzata, colei che lo accompagnava ovunque, anche a fare i carichi più grossi di cocaina, mi sentivo come forte, protetta.

Non avevo coscienza del rischio, anzi, mi sembrava tutto normale. Non ho avuto neanche mai paura ai posti di blocco, forse perché sono cresciuta in un clima di terrore a casa.

Questo ragazzo fu la mia rovina!

Ogni giorno ci sballavamo, andavamo ai rive party, prendevamo acidi, MD, amfetamina, chetamina e altre droghe chimiche. Col tempo il suo giro aumentò, aumentarono i soldi ed aumentò la droga.

Mi fidavo ciecamente di lui, non avrei mai pensato potesse farmi del male, infondo per me la droga non era un male, ma un divertimento.

La mia vita sembrava surreale, frequentavamo ristoranti lussuosi, discoteche, dormivamo in Motel tra champagne e cocaina. Tutto all’età di 15 anni.

Anche la mia vita fu capovolta: mia madre incontrò un altro uomo e decise di andare a vivere con lui.

Ricordo il giorno che se ne andò come se fosse ieri. Ero spaventata ed arrabbiata allo stesso tempo. Il cuore mi si spezzò in due.

Per anni l’ho odiata con tutta me stessa per quell’abbandono.

Nello stesso momento anche mia sorella Noemi, la maggiore, e Luca se ne andarono. Cosi io, mio padre e mia sorella più piccola rimanemmo soli.

Quel giorno sentì il peso della responsabilità  piombarmi addosso ed ero solo un adolescente drogata che non sapeva nemmeno prendersi cura di se stessa, figuriamoci di qualcun altro.

Dentro di me cominciò una lotta tra il bene e il male, tra la voglia di cambiare vita e l’impotenza di farlo davvero.

L’anno seguente mio fratello fu arrestato per spaccio, cosi tornò a casa nostra agli arresti domiciliari ed io rimasi incinta nel giorno del mio sedicesimo compleanno.

Continuavo a fare errori su errori, la mia vita peggiorava di anno in anno, sembrava non riuscissi mai a fare delle scelte corrette.

La prima soluzione che mi venne in mente fu quella di abortire. Purtroppo lo feci ed il mondo sembrò sempre più pesante.

La voglia di vivere diminuiva sempre di più, ogni giorno pensavo a come sarebbe stato bello morire e non dover più affrontare la vita.

Le disgrazie non finirono, da quel momento il mio fidanzato cambiò il suo atteggiamento nei miei confronti, invece di supportarmi nel mio dolore, che non riuscivo ad esprimere e che cercavo di nascondere.

Passarono i mesi ed arrivò l’inverno. Ero convinta che mi tradisse nella notte di Natale e dopo aver consumato cocaina fino a tardi, mi riportò a casa. Verso le 3 del mattino presi il mio scooter e lo trovai dentro un Night Club. Quel giorno il mondo mi crollo addosso.

Una delusione dopo l’altra, la vita non si presentava come un sentiero fiorito, ma come una strada piena di rovi, buchi e precipizi che continuavo a prendere.

Quel giorno volevo morire, volevo schiantarmi contro il muro con lo scooter a tutta velocità, ma non ne ebbi il coraggio e così peggiorai la situazione facendo altre cose.

La mia sete di vendetta negli anni crebbe e decisi di lasciarlo. Purtroppo un giorno ebbe una rissa con un ragazzo che accoltellò e finì così in carcere per tentato omicidio. L’accaduto mi riportò di nuovo da lui.

Io avevo ormai 18 anni.

Nel mio cuore qualcosa stava cambiando, si stava agitando dentro di me un forte desiderio di riprendere in mano la mia vita.

Per prima cosa desideravo riprendere la scuola, che avevo abbandonato a causa della mia dipendenza dalle droghe e dalla mia vita sregolata.

La droga e il mio fidanzato avevano consumato gran parte della mia adolescenza, facendomi diventare una persona brutta, cattiva.

Mi sentivo vuota e con ogni sogno infranto. Non sapevo più chi fossi, quando mi guardavo allo specchio vedevo una ragazza senza futuro, senza speranza, che non poteva diventare nessuno.

Ero convinta che ormai la mia vita fosse finita.

La consapevolezza che l’uso di droga fosse stato l’inizio di questo baratro si fece sempre più spazio in me, accendendo il desiderio di smettere di usarla. Un barlume di speranza si accese quando promisi a Dio, che non avrei più toccato la droga.

Ebbi inoltre la forza di riprendere le scuole superiori.

Io e Andrea ci lasciammo definitivamente, ed ebbi un’altra storia importante con un bravo ragazzo, l’opposto di Andrea.

Lui mi amava veramente, riusciva a tirare fuori la parte migliore di me. Con lui potevo esprimermi, potevo essere me stessa, quella “romanticona” che amava guardare il tramonto, le stelle sul mare e il cielo illuminato dalla luna.

Sembrava che la mia vita stesse prendendo la piega giusta, fino a quando all’improvviso l’amore che pensavo di provare per lui, finì.

Questo per me fu un trauma, perché non riuscivo a vivere la vita senza qualcuno che mi amasse. Compresi di aver una dipendenza affettiva.

Sentivo il bisogno disperato di sentirmi amata, così colmavo le giornate con le mie amiche. Andavamo a ballare ogni settimana e l’alcool era l’altro compagno che riempiva le nostre serate.

Questa vita mi stava portando nuovamente via dagli studi. Ero arrivata ormai alla fine delle superiori, avevo 24 anni e volevo lasciare di nuovo tutto.

Volevo ritirarmi dalla scuola, i pensieri mi stavano mangiando, le mie amiche mi trascinavano nei locali e io non sapevo rinunciarvi. Andai anche a lavorare in discoteca,  quell’ambiente era tremendo. Un covo di perversione.

Sentivo che l’alcool mi stava prendendo. La voglia di bere era una costante quotidiana. Qualcosa non stava andando, iniziai a capire che non avevo più la forza di dire no.

Di giorno mi sentivo depressa e quando veniva la sera, solo l’alcool e le discoteche riuscivano a tirarmi su il morale.

Avevo perso di nuovo il controllo della mia vita, ero disperata, non sapevo più come salvarmi. Avevo compreso che ero finita di nuovo in un vortice, ma questa volta sembrava più forte, mi tirava sempre più in profondità verso l’oscurità.

Così, una di quelle tante sere, tornai ubriaca a casa. Vomitai tutta la notte ed, il giorno dopo, con lo stomaco ancora sotto sopra, sono uscita fuori sul terrazzo di casa mia, guardai in alto il cielo stellato e mi rivolsi a Dio.

Lo scongiurai se esistesse veramente di cambiare la mia vita perché io non avevo più forze. In quell’istante, un vento caldo mi sfiorò la mano, e, dentro il mio cuore, sentii la Sua voce, così calda e profonda, “io ti amo così come sei e cambierò la tua storia”.

Quel giorno fu memorabile, avevo sentito per la prima volta nella mia vita la voce di Dio e soprattutto avevo sentito il Suo grande amore forte dentro di me. Lui c’era! Questa è stata la scoperta più sconvolgente, era vivo.

Lo cominciai a cercare. Andai su internet alla ricerca di informazioni, ma non trovai niente. Poi Lo cercai nella messa, ma non era nemmeno lì. Poi ne parlai con i miei amici. Ero disperata, avevo sentito Dio e avevo bisogno di conoscerLo, di trovarLo, di seguirLo, ma non sapevo come fare.

Così, una mia carissima amica, Luna, mi disse che sua mamma frequentava delle persone che potevano aiutarmi. Presi un appuntamento con lei che mi portó una domenica mattina in un teatro.

Dall’ingresso di quel posto usciva una dolce musica e io mi sentii penetrare il cuore. Entrai, e, per la prima volta, vidi sul palco un ragazzo normale, non aveva una tunica,  aveva una trentina d’anni, era molto giovane e parlava di Gesù.

Questo ragazzo era come me, non lo vedevo diverso e parlava di questo Gesù pazzesco che era la chiave per la salvezza e per la vita eterna.

All’improvviso i miei occhi si aprirono e cominciai a vedere la strada giusta da percorrere. Cambiai vita in pochissimo tempo: cominciai a frequentare il gruppo giovani della comunità, piano piano smisi di andare in discoteca, smisi di bere e di fumare. Parlai a tutti i miei amici di questo Gesù sconvolgente, vivo e tanto potente da farci cambiare vita.

In quel periodo, il mio ex fidanzato Andrea era agli arresti domiciliari a casa sua. Così decisi di portargli una Bibbia e di parlargli di questo Dio spettacolare, Gesù, che avrebbe potuto cambiare anche la sua di vita. Così, anche lui decise di conoscerLo e intraprese un meraviglioso percorso con Dio.

Ne Parlai anche ai miei compagni di scuola, alla mie amiche che mi trascinavano nelle discoteche, a mia madre e a tutta la mia famiglia e le cose cambiarono definitivamente.

Mia madre accettò Gesù nella sua vita. Gli diede tutto il suo cuore.

Venne liberata del tutto da quella depressione che da nove anni la stava logorando e obbligando a prendere psicofarmaci. Finalmente tornò a casa nostra a prendersi cura della sua famiglia. Compresi che Dio è un restauratore di relazioni.

Gli amici con i quali avevo rischiato di rovinare la mia vita divennero i compagni con i quali mi sedevo durante i Gospel della domenica e insieme ai quali adoravo questo meraviglioso Gesù.

Dopo 4 mesi la mia fame di Dio era cresciuta a dismisura e Dio mise nel mio cuore il desiderio di cominciare una scuola biblica; così mi iscrissi alla “scegligesuchool”. Si trattava di qualcosa che era molto di più di una semplice scuola biblica: era una scuola missionaria, una scuola di vita vera.

In principio avevo intenzione  di fare questa scuola per poi tornare nella mia chiesa per condividere quello che avevo imparato. Ma i piani di Dio per la mia vita erano altri.

Rimasi successivamente in quella scuola. Imparai ad amare con tutto il mio cuore, imparai a dare senza risparmio, imparai che la vita non era solo casa, lavoro e famiglia.

La vita era darsi totalmente. Dio aveva messo un nuovo scopo nel mio cuore: lasciare tutto per servirLo per sempre.

Proprio questo è stato lo scopo che mi ha spinto a seguirLo in Germania dove ho l’onore di curare come pastore, una chiesa locale.

 

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