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Una via d’uscita

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La mia amica Debora. Quando ero bambina ho conosciuto una donna con seri problemi d’alcol: sì, beveva. Avevo circa 9 anni e me ne ricordo come fosse oggi. Un giorno arrivai a casa mia e lei si trovava lì, in piedi di fianco alla porta della sala, aspettava mio padre per parlare con lui. Lei era l’ex moglie del socio di mio padre e forse lo attendeva per ritirare dei soldi mandati dal suo ex marito. Anche se non frequentava casa nostra sapevo tanto di lei, credo che tutte queste informazioni sulla sua vita privata provenissero dal fatto che a casa nostra parlavamo del suo problema con l’alcol.

Quando la vidi mi avvicinai per chiacchierare con lei e senza nessun timore, con l’innocenza della bambina che ero, le feci questa domanda: è vero che bevi? La sua reazione fu di sorpresa, ma rispose subito di sì. Le feci molte domande e alla fine le chiesi se potessimo essere amiche. Lei e il marito si erano lasciati qualche anno prima e lui aveva portato i loro due figli con sé perché lei non era in grado di mantenerli; il marito si era risposato poco tempo dopo con una donna bellissima e molto più giovane di lei. Dicevano che questa fosse stata la molla che aveva spinto Debora a bere.

C’è un’altra cosa che mi ricordo di Debora: le persone quando si riferivano a lei bisbigliavano sempre, per tenermi all’oscuro di quello che aveva tutta l’aria di essere un segreto da adulti e qualcosa di socialmente inaccettabile. Una volta sentii le sue urla, quando Debora era ubriaca urlava.

Per anni le sue grida hanno risuonato nella mia memoria: non ho mai sentito un urlo così forte, forse solo nei film. Urlava Debora, gridava a pieni polmoni la sua disperazione lacerante e totale, la sconfitta, i sensi di colpa, il rifiuto che viveva ogni giorno, la rabbia, l’abbandono e tutti attorno dicevano che non si poteva fare niente per lei perché aveva deciso di vivere così. Qualche mese dopo l’incontro con Debora a casa mia lei morì di cirrosi epatica. Questa donna non mi è mai uscita dal cuore; non capivo come mai la pensassi così spesso, ero solo una bambina quando l’ho conosciuta ma la cosa strana era che sentivo di capirla.

Più di vent’anni fa ho vissuto un’esperienza simile a quella di Debora. Dopo qualche mese di depressione a causa di un lutto e della rottura di una relazione, trovai nell’alcol la medicina per la sofferenza. All’inizio sembrava che quella fosse una soluzione passeggera per il mio dolore ma mi ritrovai presto a dipendere completamente da questa sostanza al punto di bere per più di dieci anni. Una cosa ha segnato il mio alcolismo silenzioso: in quel periodo mi veniva sempre in mente la storia di Debora e il modo in cui le persone la giudicavano. Temevo di non essere capita e fraintesa da amici e parenti; bevevo da sola a casa in grande solitudine temendo di essere scoperta e giudicata come una che aveva scelto di vivere così. Invece non volevo essere un’alcolizzata.

Debora era l’unico esempio che avevo di donna alcolista. Durante tutto il mio alcolismo ho pensato e ripensato a lei e quando i pensieri della morte mi stringevano e soffocavano, dentro di me rivedevo la sua fine e temevo che anche la mia sarebbe stata così.

Ringrazio Dio per essere riuscita a sopravvivere a questa battaglia e per poter raccontare oggi che si può ricominciare a vivere anche quando sembra che tutto sia finito. Racconto la mia storia in un bellissimo libro che si intitola L’abisso del mio silenzio – la battaglia di una donna contra l’alcolismo, edito da SabaothBooks nel 2017. Qui sotto vi lascio il link del libro, sia cartaceo che ebook.

https://www.sabaothbooks.com/labisso-del-mio-silenzio

L’ho scritto perché ci sono tante donne e uomini che vivono quello che ho vissuto io e credono che non riusciranno mai a smettere di bere. Anch’io la pensavo così. In quel periodo così difficile spesso ho cercato un libro da poter leggere, una storia simile alla mia ma non l’ho mai trovata. Desideravo che ci fosse qualcuno in cui potessi immedesimarmi e volevo che ciò mi rassicurasse del fatto che alla fine sarebbe andato tutto bene.

E pensare che io potevo morire come Debora.
E pensare che lei poteva ricominciare a vivere com’è successo a me.

Ho molto a cuore la problematica dell’alcolismo soprattutto  nelle  donne. Poiché a causa di questa dipendenza stavo per morire,  ma sono riuscita a vincerla. Per questo  motivo sento l’ urgenza di passare agli altri un messaggio di speranza . Come lo faccio?
Con  un gruppo di sostegno: il Freedom Life che si svolge con una  videochiamata di gruppo ogni lunedì alle ore 21.
È un tempo  speciale dove  impariamo a lavorare su noi stesse con  riflessioni  riguardanti  il carattere di alcuni personaggi biblici, che hanno dovuto affrontare situazioni difficili. È un tempo dove possiamo rispecchiarci, e un’occasione per diventare migliori.
Se vuoi partecipare a questo gruppo manda un messaggio whatsapp al 3881862796 e ti ricontatterò!
Vi aspetto,
Maraiza L.

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% Commenti (2)

Amo amarti per l amore che grazie a Dio passa attraverso di te. Amo il tuo libro certezza di vera possibilità per essere liberi da ciò che imprigiona e fa morire,l ho letto l ho regalato lo regalerò perché attraverso la tua esperienza emerge la Vittoria. Amo il tuo coraggio nell aver condiviso la tua storia senza vergogna per poter essere un aiuto per chi ancora non c’è l’ha fatta a uscire dalle dipendenze. Grazie. Amo sapere che altre donne, uomini, emergeranno da quell abisso per raggiungere nuovi orizzonti nella leggerezza del cuore di chi riempirà il suo calice di VITA. Ti voglio bene ❤ Franca

Wow che storia
Che coraggio
Che amore nell aprire il cuore
Agli altri e condividerne un pezzo
Tvb Maraiza

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